Si parla di strade e di un ponte, di una leggenda ancestrale e di un magnifico tramonto.
Arrivo all’ora prestabilita. Sopra il ponte come concordato. Io vengo da nord a sud. Lui, da est a ovest, ha già percorso una lunga distanza. Ognuno nel suo percorso e lì ci incontriamo.
Guardo verso est. Il fiume si allarga nella larghezza che finalmente gli è concessa qui. Pieno come non si vedeva da tempo. Tranquillo, riposando dal percorso stretto e tortuoso che lo ha portato fin qui, tra le ripide rive del suo corso internazionale che separa Portogallo e Spagna.
O forse si prepara a prendere slancio. A superare l’ultimo ostacolo naturale che gli impedisce il corso fino alla foce… duecento chilometri più avanti.
Il fiume è il Tago e il ponte è quello di Ródão.
Finalmente, olho para poente. Aí está ele: il Sole, quasi all’orizzonte, nel suo inesorabile cammino verso occidente. Per noi il tramonto, per altri il giorno nel suo splendore di luce. Questa è stata l’ora concordata: il tramonto del sole.
L’astro quasi a attraversare la soglia mette in risalto in controluce l’imponenza delle Porte di Ródão.
La gola scavata dal fiume Tago, larga appena 45 metri, che è Monumento Naturale e habitat della più grande colonia di grifoni in Portogallo (tra le altre specie, alcune delle quali in via di estinzione), con le sue ripide scogliere stringe il letto del fiume come chi gli dà un forte abbraccio. Forse in tempi passati, il Tago ha dovuto chiedere loro il permesso di continuare il viaggio?
Passo qui spesso e raramente non mi fermo. Per la bellezza del luogo sicuramente, per le dimensioni di questo monumento geologico che ci riduce alla nostra scala, o per la tranquillità disturbata solo dal traffico sparso di veicoli sul ponte centenario.
LA PONTE DI RÓDÃO E LA EN18
Inaugurata nel 1888 è una delle più antiche traversate sul Tago. Questo ponte a traliccio metallico, sostenuto da due pilastri centrali in granito, unisce la Beira all’Alentejo o, a livello locale, i comuni di Vila Velha de Ródão sulla sponda destra e di Nisa dall’altro lato.
Attraverso di essa passa la Strada Nazionale 18, la seconda più lunga del Paese – 388 km – che collega Guarda a Ervidel (da qualche parte tra Ferreira do Alentejo e Aljustrel). O, dalle montagne della Serra da Estrela e dalla nostra città più alta alla pianura dell’Alentejo.
Dalla capitale della Beira Alta, passa per tutte le capitali di distretto e le città più importanti fino a Beja – Covilhã, Castelo Branco, Estremoz, Évora – e termina intersecando la Strada Nazionale 2 nella piccola località alentejana.
È facile capire l’importanza che questa strada ha avuto in passato. Collegava il Paese nelle vicinanze della frontiera, parallela alla EN1 (lungo la costa) e EN2 (la spina dorsale della rete stradale prevista dal Piano Stradale del 1945) e, incrociandosi con quest’ultima, ben a sud, garantiva il collegamento in rete desiderato dal suddetto Piano Stradale.
Si noti che, contando da nord a sud, a Guarda passa la tortuosa EN16, proveniente da Aveiro e Viseu e che prosegue verso il confine a Vilar Formoso (dove a Celorico da Beira si era già congiunta la EN17 proveniente da Coimbra).
A Belmonte la nostra EN18 incontra l’EN232 che attraversa la Serra da Estrela.
A Covilhã arriva la Strada da Beira, l’EN230 (che insieme all’EN17 già menzionata, garantiva il collegamento a Coimbra).
A Castelo Branco, arriva l’EN112 proveniente da Pampilhosa da Serra e, non meno importante come indica la numerazione stessa, l’EN3 proveniente dal Carregado in un percorso parallelo alla riva destra del Tago e, all’epoca, il percorso di collegamento alla capitale. Di queste due abbiamo parlato nell’edizione di gennaio di Motociclismo, vi ricordate?
Tutte queste strade hanno perso la loro importanza ai giorni nostri, grazie alle moderne autostrade e ad altre vie principali, il che significa che di solito hanno poco o nessun traffico. I tracciati sono stati costruiti “all’antica”, seguendo il rilievo del terreno, ora in salita e discesa, ora in curva e controcurva. Tortuose, con poco traffico, sono veri paradisi per i motociclisti che vogliono godersi momenti di guida fantastici insieme a paesaggi mozzafiato.
Dopo aver attraversato il Tago, sul “nostro” Ponte de Ródão, l’EN18 entrerà nell’Alentejo – e questa entrata è spettacolare: i circa 20 chilometri che ci portano a Nisa sono spettacolari per il paesaggio e, soprattutto, per la guida.
La pianura alentejana non diminuisce l’importanza delle strade che la attraversano, ma sono vie più utilitarie e meno interessanti dal punto di vista motociclistico. Sono:
– La EN118 che segue parallelamente al Tejo risalendo lungo la sponda sinistra dal Montijo ad Alpalhão;
– La EN4, con origine anche dal Montijo e che porta fino al confine del Caia, passando per Vendas Novas (dove si mangiano le bifane!), Montemor-o-Novo, Estremoz e Elvas;
– La EN121, da Santiago do Cacém a Beja, attraversando trasversalmente l’Alentejo (e che si interseca con la EN2 a Ferreira do Alentejo);
– E infine, a Ervidel, poco più in basso, l’incontro con la EN2.
Questa descrizione dimostra che il concetto di “rete”, come fattore di promozione dello sviluppo integrato del Paese – equilibrato tra la costa e l’entroterra – attraverso le sue vie di comunicazione era ben presente nella mente del ministro Duarte Pacheco, quando ha lanciato le basi del Piano Stradale, che sarebbe stato promulgato nel 1945, già dopo la sua scomparsa.
Proprio accanto al Ponte de Ródão, si trova la linea della Beira Baixa, una delle (poche) ferrovie ancora in attività. Ha un percorso magnifico dal punto di vista paesaggistico, lungo entrambe le sponde del Tejo da Abrantes fino a questo punto esatto, da cui si dirige verso l’interno verso Castelo Branco.
IL CASTELLO DEL RE VAMBA
Guardando verso le Porte di Ródão, si scorge in lontananza, sulla cima del pendio sulla riva destra, una minuscola torre. Il Castello del Re Vamba o Castello di Ródão come è anche conosciuto.
Per arrivarci, vicino al ponte, prendiamo la strada nella direzione opposta a quella che ci porterebbe a Vila Velha de Ródão – la M1373. Sono solo pochi chilometri su una strada stretta, con un fondo stradale decente. Ma è una breve distanza che vale molto. Divertimento massimo, mentre salgo verso il Castello.
Dopo il passaggio a livello della linea della Beira Baixa appare davanti a me la strada che guadagna quota, prima su un pendio e poi su un altro che costeggia una piccola ma profonda valle, sempre in curve e controcurve.
Infine, in un piccolo incrocio, giro a sinistra su una strada dove a malapena due auto si possono incrociare ma con un fondo stradale recente. La pulizia dei cespugli che ci permette di vedere il fondo della valle laggiù… in fondo e l’assenza di muri di protezione consigliano cautela. Un cartello indica: “Castello del Re Vamba”!
Alcuni metri più avanti, ci rendiamo conto che il castello si riduce a una torre imponente che sorveglia un vasto orizzonte sulle terre alentejane. In realtà non è un castello, ma una torre di avvistamento che ha svolto un ruolo importante grazie alla sua posizione.
D. Sancho I donò la torre ai Templari nel XII secolo e in quel periodo fungeva da avamposto contro i Mori. Secoli dopo, durante le invasioni francesi, fu utilizzata come postazione di artiglieria.
Non è difficile capire la sua utilità strategica e militare nelle guerre di un tempo, poiché permetteva di individuare nemici a decine di chilometri di distanza (o a giorni di viaggio quando si facevano a piedi).
Ha anche una cappella accanto a sé…ma arriveremo lì.
Il paesaggio è travolgente. Un piccolo belvedere su una piattaforma costruita proprio sulla scogliera lascia il visitatore sbalordito. Siamo ad un’altezza maggiore dei due massicci rocciosi delle Portas de Ródão e anche sopra la catena montuosa di confine Serra de Nisa (a sud). Questo permette di avere una vista sgombra per lunghi chilometri, anche oltre la Serra de S. Mamede (Portalegre).
Con un po’ di fortuna sarà possibile, un po’ più in basso, scorgere alcuni elementi della colonia di grifoni che “risiedono” sul pendio delle porte.
Spettacolare!
MA…E IL RE VAMBA?
Secondo le cronache, Vamba fu unto Re della Monarchia dei Goti nella Penisola Iberica nel settembre del 672 a Toledo. Altre descrizioni suggeriscono che ciò sia avvenuto ad Idanha-a-Velha. A un millennio e mezzo di distanza, poco farà differenza la discrepanza….
Dopo la morte del suo predecessore – Recesvinto – e, cercando di legittimare la scelta, pregò Dio di confermare la successione. Il segno sarebbe stato la rinascita della verga che teneva in mano. La piantò in mezzo ad un uliveto … la verga rinverdì e regnò dal 672 al 680. Regno breve….ma comunque uno dei più lunghi dell’epoca!
Rivolte interne lo portarono a fare riforme nell’esercito che irritarono i nobili e il clero del regno e che alla fine portarono alla sua deposizione tramite un colpo di stato.
Ma in fin dei conti cosa c’entra la storia di un re visigoto che dominava la Penisola Iberica, con questa piccola fortificazione al confine del Tago?
È qui che entra in gioco la leggenda! Perché è attribuita a Vamba l’iniziativa di costruire qui un castello che gli permettesse di difendere il suo territorio dall’invasione musulmana. Ora i musulmani attraversarono lo Stretto di Gibilterra solo nel 711 (più di 30 anni dopo che Vamba divenne re…).
Quindi, narra la leggenda che la posizione strategica di questa collina sopra le Porte di Ródão, portò Vamba a far costruire questo castello. Infatti, da qui poteva dominare l’ampio territorio allora controllato dai musulmani. E in questo modo, riusciva meglio ad anticipare le mosse ambiziose del nemico. Il Tago separava i due eserciti.
È anche qui che il Re Vamba aveva radunato la sua moglie e i suoi figli e anche la sua corte. Da qui partiva per lunghe assenze, in guerre o cacciate.
E qui iniziò anche la sua sfortuna…
Esistono diverse versioni della leggenda. In generale concordano sui punti fondamentali e variano solo nei dettagli che descrivono le diverse fasi della trama (ad esempio, la versione affissa sul pannello vicino al Castello o quella raccontata sulla pagina del comune di V. V. de Ródão).
Si faccia quindi una sintesi di entrambe:
Le prolungate assenze del re Vamba costringevano la sua regina a garantire le necessità di governo del regno.
Sarà stato questo che la fece conoscere il re moro che dominava i territori confinanti dall’altra sponda del Tago? Chissà… Per questa o altra ragione, si innamorarono. E si corteggiavano, seduti su sedie di pietra, da una sponda all’altra delle ripide rive delle Porte di Ródão.
Da una parte e dall’altra delle Porte di Ródão, si stavano corteggiando
Ad un certo punto, il re moro decise di rapire la regina e per farlo, scavò un tunnel che partiva dal Buco della Faiopa, per passare sotto il letto del fiume. Ma perse la direzione e finì per sbucare in un altro luogo più in alto (ma dalla stessa parte) in una cavità chiamata Buco della Moura….
Fallito il piano in quel modo, la regina riuscì a passare sull’altra sponda, su una rete di lino.
Sconvolto e infuriato per il tradimento, Vamba pensò che l’amore proibito dovesse meritare una punizione adeguata. Escogitò quindi un piano per salvare la sua regina. Portò con sé i figli e alcuni dei suoi guerrieri e si diresse verso la fortezza moresca dove la regina era rifugiata.
Travestito da pellegrino, entrò da solo. Chiese l’elemosina finché non la trovò. Lei, riconoscendolo, lo ospitò … ma lo denunciò al re moro, che lo catturò.
Prima di un tragico epilogo, Vamba ricorse a un inganno: chiese di poter suonare per l’ultima volta la sua tromba. Questo era il segnale concordato con i suoi guerrieri per venirlo a salvare. Così fu. Sconfissero i guerrieri mori e tornarono al loro castello con la regina.
Questa è stata giudicata e la pena ha stabilito che fosse gettata lungo la ripida scogliera delle Porte de Ródão legata a una macina. Ancora oggi si dice che lungo il percorso dove il corpo rotolò non è più cresciuta erba.
La regina, nella disperazione, lanciò una maledizione! Ecco perché si dice che questo castello è maledetto:
“Addio Ródão, addio Ródão, Circondata da molta mirto, E terra di molte prostitute, Non avrai donne oneste, né cavalli eleganti, né preti incoronati” Il castello rimane maledetto, e nemmeno la presenza di una cappella costruita accanto ad esso
ha fatto diminuire l’incantesimo. Si dice…Dal Castello fino al Ponte de Ródão
CONCLUSIONE
Dimentichiamo le incongruenze storiche e consideriamo anche le maledizioni che il tempo avrà forse cancellato (speriamo di sì…).
Il fatto è che questo castello, che in realtà è solo una torre con una piccola muraglia attorno, ci permette di godere di uno scenario meraviglioso. In una giornata di sole il nostro sguardo si perde in un orizzonte quasi infinito (foto ottenute in un’altra visita).
Desta vez, l’incontro fissato con il tramonto non ci ha permesso di vedere così lontano ma ha riempito i nostri occhi con le mutevoli sfumature colorate del crepuscolo.
Se la natura ci dona la sua bellezza e l’immaginazione fertile di coloro che ci hanno preceduto ci porta a sognare di re e regine, amori e disgrazie, finali tragici e maledizioni infinite, chi siamo noi per opporci?
Dai viaggi ricaviamo le sensazioni. I chilometri sono solo il mezzo per arrivarci.