Il blackout che ha colpito diversi paesi europei il 28 aprile, con gravi ripercussioni in Portogallo e Spagna, ha rivelato vulnerabilità che spesso passano inosservate — incluso nel settore della mobilità elettrica. In alcune aree del territorio portoghese, il guasto è durato per oltre dieci ore consecutive, rendendo la vita quotidiana difficile per migliaia di persone. In un contesto in cui si promuove la transizione energetica, l’episodio solleva dubbi sulla resilienza delle soluzioni elettriche in uno scenario di crisi.
Per coloro che dipendono da una moto elettrica per lavoro o trasporto — come i corrieri, i professionisti della salute o i residenti nelle aree urbane — l’indisponibilità di energia per tante ore ha significato, in pratica, un blocco totale della mobilità. A differenza delle stazioni di rifornimento, che spesso dispongono di generatori di emergenza (o i cui serbatoi consentono ancora un’iniziale operatività), i punti di ricarica elettrica sono quasi interamente dipendenti dalla rete elettrica attiva. E anche a casa, ricaricare una moto elettrica senza energia è impossibile, costringendo all’interruzione delle attività che richiedono spostamenti rapidi o regolari.
Nel frattempo, le moto con motori a combustione interna, nonostante dipendano anch’esse da un’infrastruttura energetica — in questo caso, la distribuzione del carburante — mostrano una maggiore autonomia operativa in situazioni come quella vissuta. Con il serbatoio pieno, una moto può circolare per giorni senza dipendere da alcuna rete elettrica. Questo non significa che siano immuni: le pompe di carburante che non dispongono di generatori o che sono impedite a operare a causa di guasti nei sistemi di pagamento elettronico sono anch’esse colpite. Tuttavia, in uno scenario di guasto prolungato, sono chiaramente meno vulnerabili.
Data questo scenario, sorge la domanda: quali alternative di mobilità esistono in contesti di prolungato fallimento elettrico?
La risposta indica la necessità di ridondanza e diversificazione. Biciclette convenzionali (non elettriche), monopattini manuali, o anche i trasporti pubblici che possono mantenere un certo funzionamento con risorse di emergenza — come treni o autobus diesel con generatori — emergono come alternative valide. Inoltre, investire nella creazione di infrastrutture critiche con autonomia energetica, come stazioni di ricarica con pannelli solari e batterie di riserva, o zone di mobilità con capacità ibrida (tra combustione ed elettricità), potrebbe essere una risposta da considerare.
Il episodio di lunedì ha servito da monito: l’elettrificazione è il percorso verso la decarbonizzazione, ma deve essere accompagnata da garanzie di resilienza e indipendenza energetica. Senza questo, un singolo guasto della rete è sufficiente per esporre tutte le sue limitazioni.